Bologna, 1947. In cerca di un futuro migliore la vedova Liliana (Katia Ricciarelli) e il figlio Nino (Neri Marcoré), aspirante attore che sbarca il lunario con attività truffaldine, si mettono in viaggio dall’Emilia verso la Puglia per raggiungere la masseria del cognato e zio Giordano (Antonio Albanese), ricco proprietario terriero che però non è sano di mente.
Commento (attenzione: può contenere spoiler)
Questa commedia è un ritratto a toni soffusi dell’Italia del Dopoguerra, che oppone lo spietato pragmatismo dei nullatenenti alla sognante generosità (tratteggiata con abbondante idealismo) dei “malinconici”, ovvero dei folli. Il tono è quello elegiaco e nostalgico che contraddistingue il cinema di Pupi Avati, per cui lo si ama o mal lo si tollera.
Pur non avendo particolari pretese, è una commedia che può vantare una buona commistione di ironia e sapiente caratterizzazione dei personaggi, anche quelli minori. Ottima la prova di Albanese.
★★★☆☆