1858, Texas. King Schultz (Cristoph Waltz), astuto cacciatore di taglie di origine tedesca (un tempo dentista) compra lo schiavo nero Django (Jamie Foxx) perché lo aiuti a rintracciare tre spietati negrieri su cui pende una grossa taglia.
Django impara in fretta il mestiere e fra i due nasce una sincera amicizia. Ma la moglie di Django, mai dimenticata, è ancora prigioniera di un ricco latifondista (Leonardo Di Caprio).
Violenza ci cova.
Commento (attenzione: può contenere spoiler)
Dopo la tragicomica critica al nazismo (Unglorious Basterds), Tarantino si scaglia contro un’altra barbarie della storia: lo schiavismo. E lo fa alla sua maniera, creando personaggi stravaganti, situazioni surreali e studiate scene di violenza.
Tuttavia il genio di Knoxville sembra essere un po’ appannato. Il personaggio di Waltz è talmente inverosimile da risultare irritante, così come è inverosimile la trama: il suo piano è delirante, la sparatoria che ne segue è un ingiustificato pleonasmo. Non era meglio presentarsi alla villa con una bella mazzetta di banconote e portarsi via la schiava?
Certo che no, altrimenti Tarantino non avrebbe mai potuto far esplodere i corpi colpiti dalle pallottole come se fossero stati colpiti da un meteorite, generando ridicole fontane di sangue con un effettaccio speciale degno dei più squallidi B-movie degli anni Settanta. In sintesi i personaggi, più che muoversi liberamente verso l’orizzonte disegnato dalle premesse della storia, convergono inesorabilmente in un punto chiaramente indicato dalla volontà (sadica?) del regista.
Senza contare che la storia, da un punto di vista formale, è poco più di una favoletta in cui l’eroe (Django) munito di aiutante (Schultz) vuole salvare la sua bella (moglie di Django) da un crudele antagonista (Calvin Candie, il latifondista).
E vale ben poco il tentativo di salvare capra e cavoli rivisitando la leggenda di Sigfried: gli omaggi e le citazioni stavolta sono troppo facili e troppo frequenti perché non le si debba chiamare col loro nome: banalità.
★☆☆☆☆
concordo
non sta né in cielo né in terra che uno Shultz racconti a un Django la storia di Brunhilde (si vede dalla faccia di Django quanto la cosa interessi…)
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Grazie del commento. In effetti è arduo immaginare Jamie Foxx nei panni di un filologo germanista…
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