“Solo l’Occidente conosce la storia” [?]

“Solo l’Occidente conosce la storia”.

Da sempre gli abissi dell’ignoranza mi suscitano una meraviglia pari alle grandi vette dell’ingegno umano, e in questo senso le Nuove Indicazioni 2025 per Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione sono davvero meravigliose.

Il capitolo sulla storia è un perfetto manuale di come NON si scrive letteratura scientifica. Si parte con una boutade apodittica imbevuta di etnocentrismo – “Solo l’Occidente conosce la storia” – si prosegue citando a sproposito una fonte illustre (Bloch) per giustificare il proprio delirio e si prosegue argomentando che le altre culture non hanno una vera storia perché non sono abituate a riflettere sui fatti storici – in barba alla storia stessa che di esempi ne profonde a iosa, anche prima di quel Sima Qian 司馬遷 (145-86) considerato il padre della storiografia cinese, sui cui testi si studia da 2000 anni, tanto per fare un esempio. Last but not least, una sana incursione nella catechesi per ricordare come la venuta di Dio sulla terra costituisca una frattura nel modo di intendere la storia, che diventa – cito testualmente – “l’arena per eccellenza dove post factum si affrontano il bene e il male”, “una sorta d’inappellabile tribunale dell’umanità”.

Questa visione della storia anti-storica, contro-fattuale, pretestuosa, etnocentrica, cristiana e moralista ha però una finalità umanitaria: “far maturare nell’alunno la consapevolezza della propria identità di persona e di cittadino sia – vista la sempre maggiore presenza di giovani provenienti da altre culture – al fine di favorire l’integrazione di questi ultimi, integrazione che dipende anche, in modo determinante, dalla conoscenza dell’identità storico-culturale del paese in cui ci si trova a vivere”. Sacrosanto utilizzare la cultura come mezzo d’integrazione, solo che cultura implica dialogo e dialogo implica ascolto. Ribadire il pregiudizio per cui l’Occidente è l’unico a poter scrivere e comprendere la storia, riproporre una retorica in cui l’etica (piuttosto che la scienza, l’economia o la storia stessa) è il paradigma fondamentale di comprensione e giudizio della realtà, e recuperare i valori cristiani a fondamento di questa visione moralista, sono mosse che non assomigliano a un dialogo ma piuttosto a un monologo, il monologo di un Occidente nostalgico della propria centralità che per troppi secoli ha imposto ad altre culture, ad altre geografie. Alla luce di ciò, suona tristemente comico l’invito a usare queste linee guida per “evitare ogni faziosità e a mostrarsi capaci di ascoltare e comprendere le ragioni degli altri”.

Questo documento si spiega soltanto in tre modi: ignoranza, indifferenza, connivenza. Scegliete voi in che misura. Leggendole potreste provare divertimento, potreste provare rabbia, ma un’emozione che non dovreste provare è la sorpresa. Il problema dell’Italia è sempre lo stesso, quello che ha portato al ministero dell’Università una che l’università non l’aveva mai fatta (Valeria Fedeli), e al ministero del Lavoro uno che non aveva mai lavorato stabilmente (Luigi Di Maio): le persone che hanno competenze non hanno incarichi, e le persone che hanno incarichi non hanno competenze.

Siccome queste persone ci hanno messo nome e cognome, ce li metto anche io:

Coordinatore

Ernesto Galli della Loggia – Prof. Emerito Scuola Normale di Pisa

Esperti

Cinzia Bearzot – P.O., Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Giovanni Belardelli – Già P.O., Università degli Studi di Perugia

Silvia Capuani – Docente, Liceo

Elvira Migliario – P.O., Università degli Studi di Trento

Marco Pellegrini – P.O., Università degli Studi di Bergamo

Federico Poggianti – Ricercatore, Università Telematica Pegaso

Adolfo Scotto di Luzio – P.O., Università degli Studi di Bergamo

in foto: le Cronache di Nabonide (VI BCE, Babilonia)