
Nella teoria psicanalitica il fallo non è l’organo genitale maschile, designa invece la funzione simbolica di ciò che in origine il bambino sospetta essere l’attributo indefinibile che rende il padre oggetto delle attenzioni della madre. Il bambino, che edipicamente desidera sostituirsi al padre in quanto oggetto del desiderio della madre, è costretto a rinunciare a tale desiderio. L’assenza strutturale di quel godimento è segnalata dalla presenza di un significante – il fallo, appunto. Un corretto posizionamento del soggetto psichico rispetto al fallo consente l’apertura al desiderio e al godimento; in caso contrario, favorisce l’insorgere di malattie mentali e nevrosi.
Il fallo è dunque il significante di un godimento mitico, che il fallo segnala ma in quanto irrecuperabile, irraggiungibile. In questo senso il fallo simultaneamente indica una via e sbarra la strada, un po’ come accade all’uomo di campagna nella parabola kafkiana “Davanti alla legge”. Tormentato dall’angoscia della perdita del fallo, il soggetto psichico infantile procede, con le prime simbolizzazioni, all’identificazione del fallo con altri oggetti.
In quest’ottica la spada di Ryunosuke si configura come simbolo fallico per eccellenza. E non, banalmente, per la forma rigida e allungata. Ma primo, perché la sola eventualità dell’abuso o della perdita della spada è sufficiente per scatenare in Ryunosuke un’angoscia identificabile con il timore della castrazione. Secondo, perché la spada rappresenta una promessa di godimento: è soltanto nel duello, nello sfogo compulsivo degli istinti omicidi, che il samurai cerca l’appagamento del desiderio. Terzo, perché la spada che si offre come ponte verso il godimento è in realtà contemporaneamente il muro che ne preclude l’accesso.

In altre parole, in Ryunosuke l’esperienza psichica del desiderio non si articola liberamente, ma viene assoggettata dal significante fallico. Ryunosuke è per così dire spossessato del suo desiderio, alienato nella sua ricerca del godimento, che si articola nella compulsione narcisistica alla distruzione. E le pulsioni distruttive sono sempre, in qualche misura, auto-distruttive, come mostrano le figure mitologiche di Achille, di Aiace Telamonio. L’ira è un abisso che cela nelle sue profondità l’inconfessabile anelito a svanire, un cupio dissolvi implicato dalla stessa struttura biologica delle creature viventi, come predicato dal concetto di “pulsione di morte” (Todestrieb) descritto da Spielrein, Freud, Klein, Lacan, Recalcati…
In questo senso Ryunosuke è un villain ben più tragico e irrecuperabile di Vader. Laddove il secondo agisce in nome di una fede integralista (nel lato oscuro e nell’Impero), il primo è integralista nel rifiuto di ogni fede alternativa al mero esercizio della spada. Ryunosuke è irredimibile, perché il suo nichilismo non offre alcuna fede da redimere. La sua vita, che oscilla fra l’ottundimento alcolico e l’eccitazione omicida, è un pendolo che scandisce il metodico esercizio della violenza. Al di là dell’estetica, e della prossemica, le due figure sono perfettamente sovrapponibili quando anche Vader si abbandona meccanicamente al delirio estatico della violenza, come nel magnifico epilogo di “Rogue One”.