Babylon – D. Chazelle

“Mai visto un tale vortice di cattivo gusto e pura magia”. La recensione Chazelle se la fa da solo, affidandola a una battuta di Margot Robbie, ed è anche abbastanza centrata.

Sequenze di grande cinema la festa in apertura, le riprese del kolossal medievale, la discesa nei budelli losangelini con un Tobey Maguire repellente. Il cattivo gusto invece non sta solo nell’umorismo scatologico – elefanti che svuotano le viscere sui galoppini, attrici che urinano, si ingozzano, vomitano – quanto nel perseguimento consapevole di una “poetica dell’eccesso e dell’incontinenza” (Gandini, Cineforum) che si estende a una ricostruzione patinata e platealmente fasulla, disinteressata al recupero realistico di arredi, acconciature, scenografie…

Insomma un postmoderno al quadrato, che in vari punti si esprime con il linguaggio frammentario e accelerato dei videoclip. Chazelle, di formazione musicista, ama far trainare il racconto dalla colonna sonora, innescando l’azione in J-cut e tenendola viva e vibrante attraverso un montaggio sincopato che raggiunge il suo acme nel pirotecnico finale, un’esibizione (auto)compiaciuta di estro compositivo e cultura cinefila.

Sopra Caligola, sotto Babylon

Questa cultura cinefila, oltre alla fonte d’ispirazione Hollywood Babilonia di Kenneth Anger, saccheggia tanti, troppi film per elencarli tutti, ma vale la pena menzionarne alcuni: i personaggi di C’era una volta a Hollywood (Tarantino), le scenografie di Caligola (Brass) e I vitelloni (Fellini), le tracking shots di Paul Thomas Anderson, i piani sequenza di Quei bravi ragazzi (Scorsese) e le icone di Singin’ in the Rain (Kelly-Donen), innestandosi in quel filone epico dedicato agli anni d’oro di Hollywood ormai piuttosto nutrito, anche se non esattamente popolare (vedi alla voce Incassi), che solo negli ultimi anni ha visto The Fabelmans (Spielberg), Mank (Fincher), il succitato Tarantino, Blonde (Dominik)…

Funziona? Dipende da quanto si è disposti a scendere a patti con questa regia fracassona e ammiccante, con questo Chazelle che davvero (osserva Menarini) “non si capisce se ci fa ci è”. Qualunque cosa sia Chazelle c’è da sperare che continui a esserlo ancora per un po’, perché questa clamorosa, glamourosa commistione di kolossal e commedia malgrado tutto lascia un segno.

★★★½☆☆