Oro verde – C. Guerra e C. Gallego, 2018

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Rapayet e Zaida ballano la Yonna.

Dopo “El Abrazo de la Serpiente”, Ciro Guerra compone, stavolta insieme a Cristina Gallego, un altro seducente affresco antropologico, rievocando la Colombia dei nativi Wayuu nel periodo immediatamente precedente alla nascita del narcotraffico internazionale. I riti e i ritmi ancestrali che scandiscono il tempo della comunità indigena vengono stravolti dal denaro dell’uomo occidentale, in cerca dell’oro verde.

“Pajaros de Verano” (uccelli di passaggio) non è solo un’epopea criminale familiare (alla Coppola, alla Scorsese), ma soprattutto un’elegia delle minoranze culturali cancellate dall’avvento di un’economia globalizzata, raccontata mediante un simbolismo raffinato (che sembra alludere ai lavori di Magritte e Imamura).

Malgrado la debole caratterizzazione di alcuni personaggi principali, “Oro verde” ha il merito di trasfigurare una narrativa etnografica in una poetica visionaria e immaginifica.

★★★½☆☆

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