
至人無己,神人無功,聖人無名。
“L’uomo perfetto non ha ego, l’uomo eccezionale non ha risultati, l’uomo saggio non ha reputazione.”
Riassunta in questa anafora l’immagine del saggio daoista, Zhuangzi ci offre, senza false modestie, uno sgargiante autoritratto. L’uomo “perfetto” – nel senso più grezzo del termine, participio passato di perficere, dunque “portato a termine”, “realizzato”, “perfezionato” – non ha ego (己 ji), una traduzione che si può leggere sia come assenza di pulsioni egoistiche sia come avvenuta decostruzione di un concetto coerente e stabile dell’identità personale. L’uomo eccezionale (o divino) non ha risultati (o meriti), perché non ha una “immagine di sé” (自視 zishi) a cui appuntarli. L’uomo saggio è senza reputazione (mondana).
Oltre a mettersi in polemica con la retorica confuciana, la parte centrale del primo capitolo dello Zhuangzi esprime un concetto tanto semplice da carpire quanto complesso da mettere in pratica: rinunciare al sé – non solo all’immagine di sé ma proprio all’immagine di un sé – libera l’individuo dall’ansia di ottenere meriti, risultati, fama, reputazione… il “libero vagare” (遊 you) dello Zhuangzi si esprime appunto nel rifiuto di “dipendere” (待 dai).
L’autoritratto di Zhuangzi è in questo senso il ritratto di un uomo che non c’è.